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L’essenzialità del superfluo

Basta quindi il superfluo, come abbiamo visto nel blog precedente, per garantire il diritto alla vita per ogni essere umano, basta ciò che ci avanza e che andrebbe a morire se qualcun altro non lo valorizza..

Superfluo, etimologicamente, significa “ciò che fluisce, che scorre, sopra”. E’ l’immagine del vaso che trabocca di acqua. Il vaso non è solo pieno di abbondanza, ma di “sovrabbondanza”.

“E dalla sovrabbondanza di Lui noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia”. Questa è la traduzione corretta del passo del Prologo del Vangelo di Giovanni, nel quale viene tradotto comunemente il termine “Pleroma”, con “pienezza”.

Steiner, per farci capire la sovrabbondanza, ci offre l’esempio della stufa. La stufa scalda non quando è piena di calore, ma quando il calore sovrabbonda ed esce all’esterno. Il termine “Pleroma” indica il Cristo stesso, in quanto somma degli Spiriti solari, degli Elohim creatori.

Egli ci dice anche che nelle parole “grazia su grazia” sono celati i tre sacrifici del Cristo e dell’anima natanica nel mondo spirituale prima della sua unica incarnazione terrena, dei quali abbiamo parlato in precedenza.

Osserviamo ora come inizia l’economia, quale sia il processo che ne è all’origine. Esso consiste nel fatto che l’individuo, quando dispone di qualcosa che gli avanza, dopo aver soddisfatto il proprio bisogno, non vuole buttarlo via, avendolo ottenuto col sudore della fronte, ma cerca qualcuno al quale possa servire chiedendo in cambio qualcosa che gli manca e che per l’altro sia superfluo.

L’economia si fonda dunque sullo scambio del superfluo. Chi moralisticamente afferma che l’essere umano dovrebbe mirare all’essenziale in economia e non cercare il superfluo, non comprende affatto il senso dell’economia. Non esisterebbe economia se non si producesse il superfluo.

Nella Scienza Occulta, Rudolf Steiner fa iniziare l’evoluzione dell’Umanità da un sacrificio che sull’antico Saturno gli Spiriti della Volontà, i Troni, offrirono agli Spiriti dell’Amore, i Serafini.

Questo sacrificio fu respinto e da tale sostanza di sacrificio che non fu accolta si generò il calore, dal quale fu plasmato poi il primo germe umano. Quel sacrificio era superfluo per i Serafini, le entità che vivono in continua contemplazione del divino e che irradiano ciò che ricevono, senza trattenerlo, alle entità inferiori che di tale sostanza divina si nutrono. Sono esse la sovrabbondanza. Come possono accogliere qualcosa in più, oltre ciò che del divino scorre continuamente attraverso di loro?

Da quel sacrificio superfluo origina però il germe dell’Uomo.

Questo archetipo ci si ripresenta nel sacrificio di Caino e Abele. Abele è pastore, custodisce il gregge e si limita a ricevere ciò che la natura offre spontaneamente. Egli vive della continua sorgente divina creatrice e sa che dagli dei egli dipende interamente per la propria esistenza. Per questo egli esprime la sua gratitudine donando in sacrificio il simbolo della stessa possibilità della continuazione della sua esistenza. Offrire i primogeniti degli animali del gregge, che devono assicurare la discendenza e il futuro, significa porre la piena fiducia nella continuità dell’azione del mondo spirituale, affidarsi totalmente agli dei. Per questo il suo sacrificio viene accolto, essendo espressione delle forze che intessono già il cosmo creato, nel quale ogni essere dipende necessariamente dagli altri e non pensa a se stesso.

Caino è invece agricoltore. Egli aggiunge al mondo la propria volontà di trasformare la terra. I frutti della terra non sono ottenuti come si ottiene l’alimento animale, che si nutre di ciò che la terra dà spontaneamente. Qui è determinante il lavoro umano che dissoda la terra e le fa produrre più di quanto essa spontaneamente darebbe. Cioè il superfluo.

Anche il sacrificio di Caino viene dunque rifiutato come lo fu quello dei Troni. Per gli dei normalmente evoluti è incomprensibile come l’essere umano possa aggiungere qualcosa di nuovo che possa avere un valore oltre ciò che esiste già nel divino, che comprende già in sè il tutto.

La reazione di Caino al verdetto degli dei è l’uccisione del fratello Abele.

Anche all’Abele in noi viene spesso da interrogarsi, in questo tempo di distruzione causato dall’uomo che con superbia ha voluto sfidare il mondo spirituale, che senso abbia l’uomo nel piano divino. Forse Dio si è sbagliato, creandoci. E anche per un materialista, che adora la materia al posto di Dio, verrà da chiedersi che senso ci sia in un processo naturale nel quale lo sviluppo della materia ha portato ad un divenire ricco di esseri e organismi viventi tra i quali vi è l’essere umano che sembra negare la materia stessa, la sua stessa Mater, favorendo nient’altro che la distruzione dello stesso mondo dal quale egli è stato originato.

Proseguiremo la nostra riflessione nei prossimi giorni di questa auto-clausura del Popolo Italiano, confidando che le nostre meditazioni e preghiere ci portino le risposte che imploriamo dal Cristo in noi.

Tali risposte occorre cercarle oggi con atteggiamento “abelita”, cioè lasciando parlare i fatti che avvengono alla luce del sole, fuori di noi, senza pregiudizi, e anche “cainita”, cioè dissodando la terra oscura della nostra anima alla ricerca dei profondi impulsi del nostro volere, del nostro tendere verso un futuro che attende di essere da noi illuminato.

Caino e Abele, nelle loro successive incarnazioni, ci faranno da guida.

Stefano Freddo                                                                                                                                         19 Marzo 2020

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