Radici cristiane della vita sociale
Uguaglianza e reddito di cittadinanza
E dato che, come abbiamo più volte osservato, libertà e uguaglianza sono intimamente connesse tra loro, il carattere astratto del denaro rende possibile anche la realizzazione concreta del non giudicate, il fondamento dell’uguaglianza nella sfera politico-statale.
Attraverso il reddito di cittadinanza, di cui abbiamo parlato nel paragrafo su lavoro e dignità umana, si potrebbero soddisfare le esigenze sia di uguaglianza che di libertà .
Lo Stato, cioè noi cittadini riuniti nella comunità politica, dovrebbe garantire ad ogni suo membro una somma mensile di denaro per tutta la vita, dalla nascita alla morte.
Secondo il principio di uguaglianza, del non giudicate, tale somma dovrebbe essere uguale per tutti, ricchi e poveri, onesti e malfattori, e in misura sufficiente a soddisfare i bisogni essenziali attinenti al diritto alla vita, secondo le indicazioni provenienti dall’amministrazione della sfera economica .
E’ bene sottolineare nuovamente, prima di proseguire, che tale proposta non è intesa dall’autore come un modello utopistico valido ovunque e in ogni tempo.
Essa è un esercizio di osservazione attiva per far comprendere lo spirito che dovrebbe essere posto a fondamento di una vita sociale a misura d’uomo.
Se una misura sociale qualsiasi sarà pensata giustamente, derivando da una vera conoscenza dell’uomo, cioè da una reale autoconoscenza, allora una volta attuata agirà positivamente risanando la malattia della vita sociale.
Le misure concrete che saranno prese in luoghi e tempi diversi dipenderanno dalla comprensione degli uomini riuniti in una particolare comunità sociale, grande o piccola che sia e saranno diverse da caso a caso e in tempi diversi poiché l’uomo è un essere in divenire.
Tornando al reddito di cittadinanza, c’è chi lo critica per il suo carattere astratto, che non farebbe distinzione tra ricchi e poveri, tra chi ne avrebbe bisogno e chi no. Ma è proprio questa la caratteristica del diritto e dell’uguaglianza, di non fare distinzioni rispetto alla condizione particolare del singolo.
Il rispetto della libertà sarebbe poi reso possibile dal fatto che tale somma, data a tutti incondizionatamente, potrebbe essere usata liberamente da ognuno in relazione ai propri bisogni.
Non spetterebbe però allo Stato organizzare i servizi pubblici, la scuola, la sanità, ecc., ma ogni cittadino liberamente, grazie al reddito di cittadinanza, potrebbe prendere quelle iniziative e sostenere quelle libere istituzioni che rispondano maggiormente ai propri bisogni e alle proprie vedute.
Oggi lo Stato organizza la scuola e la sanità secondo il principio di uguaglianza. Certamente è stato un progresso rispetto al passato che il diritto all’educazione e alla salute sia stato esteso a tutti i cittadini; ma servizi uguali per tutti non soddisfano le esigenze individuali che sono spesso molto diversificate.
Oggi, chi vuole una scuola e delle cure rispondenti alle proprie esigenze e non le trova nei servizi pubblici, deve sostenere da sé le spese corrispondenti in istituzioni private; pur pagando le tasse per i servizi sociali, egli non viene sostenuto nei suoi diritti dalla comunità.
Lo Stato, la comunità politica, non deve mai invadere il campo delle libertà individuali, valutare qual’è il giusto modo di educare, di curare, di pensare.
Suo compito è quello di offrire pari opportunità, come farebbe un genitore coi propri figli, intervenendo solo in caso di violazioni dei diritti e delle libertà, della vita e della dignità dei suoi membri, e lasciando alla libertà di ognuno la scelta in merito al giusto modo di organizzare la propria vita e di soddisfare i propri interessi nel campo economico e in quello spirituale, autonomi da quello statale e ad esso organicamente collegati.
(continua)
Stefano Freddo