Ha destato grande scalpore (giustamente) un recente studio sull’acqua potabile di alcune grandi città condotto da Orb Media, un’organizzazione non profit di Washington-USA, dal quale risulta che l’83% dei campioni analizzati sono risultati contaminati dalla presenza di nano-fibre di plastica, invisibili ad occhio nudo.
Lavorando con i ricercatori delle Università di New York e del Minnesota, la Orb Media ha testato 159 campioni di acqua potabile in città grandi e piccole di tutti i continenti.
Il primato della contaminazione spetta agli Stati Uniti, con fibre di plastica che sgorgano dal 94% dei rubinetti, seguito da quelli di paesi come Libano e India. La più bassa percentuale di contaminazione è stata registrata in Europa (in particolare nel Regno Unito, in Germania e in Francia), dove in tutti i casi i valori medi di contaminazione è del 72% dei campioni. Il numero medio di queste nano-fibre rinvenute ogni mezzo litro di acqua oscilla tra il 4,8% degli Usa all’1,9% dell’Europa.
Non sono noti eventuali valori per l’Italia e sicuramente lo studio è da intendersi come preliminare e necessiterebbe di ulteriori e ben più ampi approfondimenti.
Tuttavia già a questo livello di informazioni è possibile proporre alcune riflessioni.
Innanzitutto la conferma che la plastica sta diventando il contaminante solido più diffuso al mondo: dopo l’inquinamento di oceani, terreni, aria ed organismi vari ora vi è la conferma che essa è presente anche nelle acque del rubinetto di alcune città.
Sottolineiamo il termine “alcune”: infatti per quanto interessante, un campione di 159 città sulle oltre 100.000 con più di 10.000 abitanti che si stima esistano al mondo (stima peraltro piuttosto approssimativa per difetto) costituisce solo lo 0,16% del totale. Ciò non ha impedito ai massmedia di lanciarsi nelle solite campagne terroristiche finalizzate a spaventare ed angosciare l’utente.
Tanto per rimanere in Italia il Corriere della Sera del 6 settembre 2017, a proposito di questa ricerca, titolava a piena pagina: “Allarme fibre plastica nell’acqua corrente di tutto il mondo: Contaminata l’83%dell’acqua”. Ovvero ad una lettura superficiale (e si sa che la maggior parte delle persone legge solo i titoli) pareva che la gran parte dell’acqua potabile del Pianeta fosse inquinata dalla nano-plastica!
Ecco allora la seconda riflessione, anche questa scontata: ogni occasione è buona per cercare di gettare nello sconforto e nella paura la popolazione. E questi sono i veri “contaminanti”, pericolosi per tutti e che si possono fermare solo con una buona dose di vigilanza e coscienza di sé, oltre che con il coraggio dell’Amore.
Per non contribuire a questo giochetto in questa sede eviteremo di angustiare ulteriormente il lettore con i dati, facilmente reperibili su internet, sulle sorgenti di produzione e di contaminazione di queste nano-plastiche, limitandoci a ricordare che il mondo sforna ogni anno 300 milioni di tonnellate di plastica, che rimane nell’ambiente per secoli.
Secondo un recente studio, dagli anni ’50 ad oggi sono stati prodotti in tutto il mondo oltre 8,3 miliardi di tonnellate di plastica che in pratica, a vari livelli, sono ancora in circolazione per il Pianeta.
Soffermiamoci invece su altri aspetti, non trattati dai media tradizionali e più consoni al taglio di questa rivista. Chiediamoci dunque: “chi è” la plastica? Innanzitutto va subito ricordato che, al contrario di quanto molti pensano, essa non è un materiale appartenente al Regno Minerale o comunque inorganico bensì è di origine organica, in particolare presenta un arcaico legame con il Regno Vegetale. Infatti le materie plastiche sono materiali ad elevato peso molecolare e formate da una catena molto lunga (macromolecole chiamate polimeri) derivati per lo più da petrolio, ovvero da antiche masse vegetali che ne corso di milioni di anni sono state inghiottite nelle profondità del terreno ed in parte mineralizzate.
I polimeri (dal greco “che ha molte parti”), che possono essere anche di origine naturale (es. la cellulosa o l’amido), sono formati da un gran numero di gruppi molecolari (detti unità ripetitive) uguali o diversi, uniti “a catena” mediante la ripetizione di un legame molto forte, chiamato covalente, che tra l’altro è dello stesso tipo che unisce gli idrogeni e l’ossigeno a formare la molecola dell’acqua.
Pertanto sul piano spirituale possiamo considerare la plastica un’Entità molto antica legata al mondo ctonio, portatrice di forze di tenebra e che ha subito da parte dell’Uomo profonde trasformazioni strutturali che, supponiamo, di certo non l’hanno resa felice. Infatti il processo di polimerizzazione che produce la plastica avviene sottoponendo i materiali originari ad elevate temperature o pressioni che, al contrario dei milioni di anni che hanno originato il petrolio, avvengono in modo violento e in pochi minuti. Per cui non credo sia azzardato ritenerla un Entità non benevola nei confronti dell’essere umano, dal quale è stata sostanzialmente snaturata e schiavizzata con la forza.
Oggi essa, attraverso l’acqua, torna (processo karmico?) entrando nella catena alimentare dell’uomo stesso: se infatti le nanomolecole di plastica sono state identificate nell’acqua di rubinetto probabilmente ci sono anche nei cibi preparati con l’acqua, come pane, pasta, zuppe e latte artificiale, ecc..
La Orb Media ha trovato fibre di plastica perfino nell’acqua in bottiglia e nelle case in cui si usano filtri per l’osmosi inversa.
Tra l’altro all’origine di tutto ciò un ruolo importante l’ha avuto l’Italia (e quindi, seppur indirettamente, tutti noi): infatti l’inventore della plastica è stato un italiano, l’ingegnere chimico Giulio Natta, che proprio per le sue ricerche sui polimeri a struttura cristallina che portarono alla realizzazione del polipropilene isotattico e del polietilene ad alta densità nel 1963 venne insignito del Premio Nobel per la Chimica.
La ricerca della Orb solleva dunque molti interrogativi: c’è un bioaccumulo? Influisce sulla formazione delle cellule? Queste nano-molecole posso passare la barriera cellulare e magari arrivare anche al DNA?
Possono essere vettori per la trasmissione di agenti patogeni nocivi? Se si scompongono, che cosa producono? Il timore dei ricercatori è che queste fibre possano anche veicolare sostanze chimiche tossiche, come una sorta di navetta che trasporta sostanze pericolose dall’acqua dolce al corpo umano.
Per affrontare tutto ciò, assieme agli altri innumerevoli veleni che il mondo industrializzato di oggi ci propina, rimane dunque una sola strategia: cautela, conoscenza, coscienza ed evoluzione, tenendo ben presente nel cuore le consolanti parole del Risorto ai suoi discepoli: “…e se berranno qualche veleno, non recherà loro alcun danno” (Mc 16,18).
Tratto da “Albios”