Festa dell’unione delle anime in uno sforzo comune Forze di natura ed Entità
(da oo 98 – 16a conferenza) Traduzione di Luisa Fliess Schoulz Domenica di Pentecoste, Colonia, 7 Giugno 1908
Lo sviluppo spirituale dell’uomo vuole essere messo in vivente rapporto con tutto il mondo circostante. Molte cose sono diventate oggi morte e insulse per lui, e tali possono dirsi oggi per buona parte degli uomini le nostre feste, poiché scarso e meschino è ormai il ricordo di ciò che significano il Natale, la Pasqua, la Pentecoste.
Quel poderoso contenuto di sentimento che la gente possedeva una volta, quando ancora sapeva del proprio collegamento col mondo spirituale, si è andato quasi del tutto smarrendo per l’umanità attuale, e le feste si sono ridotte per l’uomo a cosa insipida e morta. La discesa dello Spirito è diventata per molti un concetto astratto, né potrà essere diversamente finché gli uomini non giungeranno a una verace conoscenza spirituale. Oggi si parla di forze della natura, ma ben poco di quelle entità che stanno dietro alle stesse. Si considera superstizione l’affermazione che le parole usate dai nostri antenati son fondate sulla realtà e che Gnomi, Ondine, Silfidi e Salamandre significano delle realtà. Tutto ciò passa per una rifrittura di vecchie fole.
A tutta prima importa poco il genere delle teorie che appartengono all’uomo, ma quando le teorie lo seducono in modo da non vedere più ciò che è vero, allora la cosa arriva alla sua piena importanza. Per esempio, quando c’è chi dice: “I nostri antenati credevano a certi esseri, come Gnomi, Ondine, Silfidi, Salamandre.. ma tutto ciò è roba fantastica!”, verrebbe fatto di replicare: “Chiedetene un po’ alle api. Le api vi potrebbero rispondere: per noi le Silfidi non sono una superstizione! Noi sappiamo assai bene quello che ci viene da loro!”.
Chi osserva le forze spirituali può riconoscere quale sia la forza che attira l’ape piccolina verso il calice del fiore: essa vede delle entità che la guidano. In tutto lo sciame delle api che se ne volano via in cerca di nutrimento, sono contenute delle entità che i nostri antenati chiamavano Silfidi. Dovunque avvenga un contatto fra i diversi regni della natura, ivi principalmente è data l’occasione a dati esseri di manifestarsi. Dove il muschio si abbarbica al sasso, nel calice del fiore, al contatto dell’ape col fiore, certe entità hanno occasione di manifestarsi. Là ove l’uomo si tocca col regno animale, tale occasione si offre pure. Ciò non avviene però nel corso normale della vita. Quando per esempio il macellaio macella il bue, oppure quando l’uomo mangia carne, non succede nulla di questo.
Succede in decorsi extra-normali di cose, là dove, quasi per un’eccedenza di vita, i vari regni si toccano. Soprattutto avviene allorquando l’uomo stabilisce con l’animale un rapporto ove entra in gioco un lato affettivo dell’animo (per esempio tra il pastore e le sue pecore con le quali esso ha un rapporto speciale). Nelle civiltà primitive si avevano spesso tali rapporti simili, per esempio, a quello dell’arabo col proprio cavallo. Quelle forze affettive che giocano da un regno all’altro, come tra il pastore e i suoi agnelli, e quali sorgono altresì là dove forze di olfatto e di gusto irradiano dai fiori alle api, offrono a date entità l’occasione di prendere corpo. Il veggente vede una specie di aura intorno al fiore, creatasi pel fatto che l’ape affonda il suo pungiglione nel calice e ne avverte il sapore; irradia allora una specie di aura floreale che dà alimento a certe entità spirituali. Per chi comprende il mondo dello Spirito è vana domanda quella che chiede: “Perché soltanto in alcuni casi tali entità esistono ma normalmente non ci sono?”.
Queste entità ci sono quando ne offriamo loro l’occasione, quando trovano alimento. Proprio lo stesso accade quando l’uomo emana pensieri cattivi, allora certe entità si incorporano nella sua aura, esse ci sono pel fatto che l’uomo fa affluire ad esse l’alimento che cercano. Abbiamo detto che ovunque avvenga il contatto tra i regni di natura diversi è data l’occasione a certi esseri di prendere corpo. Là dove il metallo s’incrosta alla pietra, il minatore staccandone le zolle col suo piccone vede certi piccoli esseri accalcati prima in breve spazio, poi rapidamente disperdersi.
Son esseri non dissimili all’uomo, sotto certi aspetti: hanno intendimento, ma nessun senso di responsabilità, perciò non hanno affatto il senso di agire male quando fanno qualche brutto tiro agli uomini. Sono queste le entità che furono già chiamate Gnomi. Dimorano soprattutto nei punti dove il metallo tocca il minerale e un tempo servirono l’uomo molto bene, come nell’antica arte mineraria. Il modo con cui anticamente si organizzavano le miniere, gli scavi, la nozione di come si sovrappongono certi strati, veniva desunta da queste entità.
Se l’umanità non vorrà imparare a capire tali cose spiritualmente, essa andrà a finire in un vicolo cieco. Egualmente là dove il regno vegetale tocca il regno minerale, si trovano delle entità che possono chiamarsi Ondine. Esse sono legate all’elemento dell’acqua e trovano modo di incorporarsi dove c’è contatto di acqua e pianta e pietra. Le Silfidi sono legate all’elemento dell’aria, guidano le api verso i fiori. Tutto ciò che la scienza insegna sulla vita delle api è totalmente intessuto di errori e spesso turba e travia la saggezza intorno all’apicoltura1. La scienza corrente dimostra qui la propria inabilità ed obbliga a ricorrere sempre di nuovo alla pratica del passato. Le Salamandre sono ancora note a parecchi. Quando gli uomini dicono: “Questo e quell’altro mi fluisce incontro..”, ciò proviene per lo più dalle Salamandre. Quando tra l’uomo e l’animale si forma un rapporto simile a quello del pastore con le sue pecore, le Salamandre trovano da incorporarsi: esse sussurrano all’orecchio del pastore quel sapere che egli ha intorno al suo gregge. Se proseguiamo in questa direttiva di pensieri dovremo dirci: “Noi siamo circondati ovunque da esseri spirituali, siamo circondati dall’aria ed essa è ripiena di questi esseri!”. Se l’uomo non vorrà subire in futuro un destino che inaridisca la sua vita, dovrà avere conoscenza di queste entità, non potrà senza di esse proseguire.
Egli deve chiedere a sé stesso: “Donde provengono tali esseri?”. Questa domanda ci porta a formarci un concetto sul fatto che nei mondi superiori una direttiva sapiente trasforma, grazie a queste cose, in bene quanto era sulla via del male. Esistono al mondo certi scarti, certi rifiuti.. tale è per esempio il concime. Nell’economia agraria viene usato come base per la germinazione avvenire delle piante. Cose che in apparenza sono decadute, come scisse da una evoluzione superiore, vengono riaccolte da forze elevate che le trasformano. Ciò accade specialmente nei riguardi di quelle entità che stiamo trattando. Ora vogliamo spiegare come si producono le Salamandre. Abbiamo detto che queste entità richiedono un certo rapporto dell’uomo nei confronti dell’animale. Un Io quale oggi lo possiede l’uomo c’è solo nell’uomo che vive sulla Terra. Ogni uomo racchiude in sé il proprio Io.
La cosa è differente per gli animali: essi hanno un Io di gruppo, un’anima di gruppo, vale a dire che un gruppo di animali di eguale figura possiede un comune Io di gruppo. Quando il leone dice “Io”, si ratta dell’Io del Leone lassù nel mondo astrale. Sarebbe come se l’uomo stesse dietro a una parete con dieci buchi e in quelli mettesse le sue dieci dita. L’uomo in tal caso sarebbe invisibile ma qualsiasi persona ragionevole concluderebbe che là dietro ci debba essere una potenza centrale a cui le dieci dita appartengono. Così è per l’Io di Gruppo: i singoli animali sono semplici membra, l’essere cui appartengono sta nel mondo astrale. Non dobbiamo figurarci l’Io degli animali come somigliante all’uomo, se però consideriamo l’uomo quale essere spirituale, allora l’Io di gruppo animale può venirgli confrontato. Presso molte specie di animali l’Io di gruppo è una entità molto saggia. Riflettiamo per esempio come certe qualità di uccelli vivono a nord du- 1 si veda oo 351 Vol. V – L’uomo e il mondo. L’azione dello spirito nella natura. Le api – Ed. Antroposofica rante l’estate e in inverno ricercano le regioni meridionali; a primavera volano nuovamente verso il settentrione. Ecco che nel volo di questi uccelli agiscono delle forze attive assai sagge e queste appartengono all’Io di gruppo di tali uccelli. Tale saggezza dell’Io di gruppo la possiamo rintracciare ovunque nel regno animale.
Ricordiamo come a scuola imparammo a considerare il sorgere durante il Medio Evo, a grado a grado, di date correnti del presente: la scoperta dell’America, l’invenzione della polvere da sparo, della stampa, infine anche della carta telata. Ci volle un pezzo prima che l’uomo sostituisse ad altre sostanze la carta telata, l’anima delle vespe l’aveva però inventata migliaia di anni prima. La sostanza di cui si compone un nido di vespa è identica a quella della carta fabbricata dall’uomo. L’uomo riconoscerà solo gradatamente come certe combinazioni dello Spirito umano si ricollegano a quanto il lavoro delle anime di gruppo è venuto inserendo nel mondo. Quando il chiaroveggente contempla un animale, osserva uno scintillio lungo tutta la spina dorsale, questa è tutta avvolta da uno scintillio di luce, da correnti che ovunque in numero infinito, come i venti, i monsoni, circondano la Terra e agiscono sull’animale fluendo tutto lungo la sua spina dorsale.
L’Io di gruppo animale si muove in continui movimenti circolari, in ogni altezza e in ogni direzione, tutto intorno alla Terra. Essi sono saggi, ma una cosa manca loro, non la posseggono ancora: ignorano l’amore. Solo nell’uomo la saggezza nell’individualità è collegata all’amore. Presso gli animali l’amore non esiste nell’Io di gruppo, bensì soltanto nell’animale singolo. Le disposizioni sagge che stanno alla base degli interi gruppi animali, sono ancora prive di amore, l’animale possiede l’amore laggiù nel mondo fisico; lassù sul piano astrale ha la saggezza. Potremo trarre molti, moltissimi lumi dalla comprensione di tutto questo. L’uomo non ha raggiunto che a poco a poco il suo grado attuale di sviluppo, prima aveva anch’egli un’anima di gruppo e da questa venne a poco a poco formandosi l’anima individuale. Gettiamo uno sguardo retrospettivo sull’evoluzione dell’umanità sin nell’antica Atlantide. Sappiamo che un tempo l’uomo viveva nell’antica Atlantide, il continente che ora giace sommerso, coperto dall’Oceano Atlantico.
In quell’epoca le vaste distese della Siberia erano coperte da grandi estese di mari e così pure le nostre regioni europee. Quanto più retrocediamo nell’antica epoca atlantica, tanto più cambiano tutte le condizioni della vita e lo stato di sonno e veglia dell’uomo. La coscienza si è venuta ottenebrando durante lo stato di sonno, sicché oggi l’uomo perde ogni coscienza durante il sonno. Invece durante i primi tempi dell’epoca atlantica la differenza tra sonno e veglia non era ancora, sotto questo rapporto, molto grande.
Nello stato di veglia l’uomo vedeva allora le cose circondate ancora da un’aura e non arrivava nella percezione del mondo fisico a maggiore chiarezza. Ogni oggetto fisico era ancora soffuso come da una nebbia che ne velava i netti contorni. Man mano che l’uomo progrediva, il mondo fisico emergeva sempre più distinto, ma in compenso l’uomo perdette la chiaroveggenza. Miti e saghe provengono tutti dall’epoca in cui l’uomo percepiva ancora chiaroveggentemente lassù nell’ambito del mondo astrale, e quando saliva nel mondo dello spirito veniva a conoscervi le entità che non erano mai discese nel mondo fisico: Wotan, Baldur, Thor, Loki.. sono tutti ricordi di realtà viventi.
Così sono ricordi le mitologie tutte, queste realtà spirituali sono semplicemente sparite alla vista dell’uomo. Quando egli si immergeva al mattino nel corpo fisico, si destava in lui il senso di essere un singolo, ma riaffondandosi a sera nel mondo spirituale, egli sentiva di non essere affatto un essere singolo ma appartenente al mondo spirituale tutto, e in particolare alla sua anima di gruppo.
Le antiche razze dei popoli, Eruli, Ceruschi ecc. si sentivano ancora appartenenti assai più alla loro razza che non uomini singoli. Da ciò derivano certe usanze come la vendetta di sangue. Tutti i singoli costituivano un corpo unico ci apparteneva l’anima di gruppo dell’intera razza. L’evoluzione si compie grado a grado.
E così la singola anima si è andata evolvendo gradatamente fuori dall’anima di gruppo. La descrizione dell’epoca dei Patriarchi ci offre altre concatenazioni ancora a riprova di questo fatto. Ai tempi di Noè anche la memoria era ben diversa dal presente, il limite della nascita non formava un limite, ma in coloro nei quali fluiva lo stesso sangue, anche la memoria stessa continuava il suo corso. Questo corso continuativo della memoria era allora cosa ben diversa da oggi, più vasta e comprensiva.
Oggi alle autorità competenti preme di conoscere il nome del singolo, ai tempi in cui l’uomo ricordava le azioni e le vicende del proprio padre, del nonno, si dava a tutto ciò un nome comune e lo si chiamava “Adamo” o “Noè”. Ciò che si ricordava, il fiume dei ricordi sino a dove risaliva, veniva denominato “Adamo” o “Noè”.
I nomi antichi indicavano vasti gruppi di persone viventi nel tempo. Poniamoci ora la domanda: “Come stanno le cose se confrontiamo la scimmia antropoide con l’uomo stesso?”. La differenza enorme sta nel fatto che la scimmia ha assolutamente i caratteri dell’anima di gruppo, e che l’uomo invece sviluppa l’anima individuale.
L’anima di gruppo delle scimmie si trova in una condizione tutta speciale. Dobbiamo rappresentarci il fatto che l’anima di gruppo vive nel mondo astrale e si estende al mondo fisico; che per esempio l’anima di gruppo dei Leoni manda una parte della propria sostanza entro ogni singolo leone. Quando uno di questi leoni muore, si stacca dall’anima di gruppo l’esteriorità fisica come quando noi perdiamo un’unghia. Essa resta sempre lassù e promana i suoi tentacoli e sempre li sostituisce con altri nuovi.
L’anima di gruppo animale non conosce nascita né morte, il singolo individuo se ne separa e ne viene uno nuovo, così come l’unghia del dito si forma e perisce. Orbene, succede il caso seguente: quanto al leone, ritorna all’anima di gruppo tutto ciò che da essa era provenuto.
Ma non così succede riguardo alla scimmia. Quando muore una scimmia, la parte essenziale ritorna all’origine, ma un’altra si scinde dall’anima di gruppo, essa ha staccato troppo fortemente la sua parte di sostanza dell’anima di gruppo. Esistono dati animali che strappano qualcosa dall’anima di gruppo e questo poi non può far ritorno. Presso tutte le specie di scimmie, si formano ogni volta delle parti scisse dall’anima di gruppo. E similmente accade anche a certi anfibi e in certe specie di uccelli. Tutto ciò che residua così da animali dal sangue caldo, come per esempio anche nel canguro, diventa essere elementare della specie delle Salamandre. I restanti esseri elementari si sono venuti scindendo, separando un tempo in circostanze completamente differenti dalle attuali terrene. Qui abbiamo un esempio di come certi residui dell’evoluzione, da una saggia elevata direzione, vengono destinati a dati servizi.
Abbandonati a loro stessi, disturberebbero il cosmo, ma guidati dall’altro possono venire impiegati, come per esempio le Silfidi a condurre le api verso i fiori. Così il dannoso viene trasmutato nell’utile. Ora, potrebbe accadere anche all’uomo stesso di staccarsi dall’anima di gruppo e diventare così anima individuale e, come anima individuale, non trovare la possibilità di proseguire il proprio sviluppo. Se egli non accoglie in modo giusto le conoscenze spirituali, può incorrere nel pericolo di staccarsi. Ecco il quesito che si solleva. Ma che cos’è che salvaguarda l’uomo da un distacco senza direzione né meta, mentre prima queste gli venivano date dall’anima di gruppo? Dobbiamo renderci chiaro che l’uomo si individualizza sempre più e deve ritrovare di nuovo, spontaneamente, il legame e l’unione con altri uomini. I vincoli della stirpe, della razza, della famiglia vengono spezzati e rotti sempre più e tutto nell’uomo tende maggiormente a fondare l’uomo individuale. Figuriamoci un’accolta di uomini che sentono in loro stessi di avviarsi a una sempre maggiore individualizzazione.
Non potrà nascerne il pericolo di un sempre crescente spezzettamento tra gli uomini? E’ venuto il tempo in cui essi non tollerano neanche più un accordo e ognuno vuole avere la propria opinione, la propria religione. C’è chi considera essere un ideale quello che si abbia ognuno un parere, un’opinione sua propria. Ma non è così. Se invece gli uomini traessero le loro opinioni maggiormente dal loro intimo, arriverebbero a opinioni a tutti comuni. Interiormente noi riconosciamo per esempio che 3×3 = 9 oppure che i 3 angoli di un triangolo sono uguali a 180 gradi. Questo è un riconoscimento intimo, e tutti questi riconoscimenti intimi sono tali che per essi non occorre punto mettere ai voti le opinioni. Tutte le verità spirituali sono così fatte.
Gli insegnamenti della Scienza dello Spirito, l’uomo li ravvisa mediante le sue facoltà interiori. L’interiorizzazione conduce l’uomo a pace e armonia perfette. Non possono darsi due opinioni su di una cosa senza che una sia errata. L’ideale sta nella interiorizzazione massima, e ciò appunto è quello che conduce alla vera pace, all’intima concordia.
Gli uomini in passato vennero licenziati dall’anima di gruppo. Mediante le conoscenze scientifico-spirituali, essi ora sono arrivati per la prima volta a raggiungere una mèta sicura, a trovare ciò che nuovamente li unisce. Quando gli uomini si congiungono in una saggezza superiore, dai mondi spirituali discende di nuovo un’anima di gruppo. Coloro che dirigono il movimento scientificospirituale vogliono che noi si abbia una società in cui i cuori tendono verso la saggezza, come i fiori verso la luce del sole.
Pel fatto che noi, in intima comunione, volgiamo i nostri cuori verso una saggezza superiore, offriamo ricetto all’anima di gruppo, formiamo in certo qual modo il ricetto, l’ambiente nel quale essa può prendere corpo. Gli uomini arricchiranno la vita terrena sviluppando ciò che permette ad esseri spirituali la discesa dai mondi superiori. In una forma sublime fu posto un giorno davanti all’umanità questo vivente ideale. Il segnacolo capace di mostrare all’uomo con forza travolgente come egli debba trovare la via per offrire in un’intima unione di anime il ricetto ove un comune spirito possa incorporarsi, un tale segnacolo venne dato agli uomini allorché sentimenti comuni di fervente amore e di dedizione, infiammarono un gruppo di uomini accoltisi in azione comune.
In questo gruppo di uomini viveva un sentimento comune, un confluire, un armonizzarsi di intimi affetti fornì la sostanza in cui poteva incorporarsi un’anima comune. Ciò si esprime in quelle parole che dicono come lo Spirito Santo, l’Anima di Gruppo, scendesse quasi a incorporarsi. E’ questo un simbolo di ciò a cui l’umanità deve tendere, il modo come essa deve cercare di divenire sede, ricetto per gli esseri che vogliono discendere dai mondi superiori. L’evento pasquale diede agli uomini la forza di sviluppare tali sentimenti, la festa di Pentecoste è frutto che nasce dall’avere spiegato questa forza. Il concorde confluire, l’unirsi delle anime al conseguimento di una comune sapienza, è destinato a compiere ora e sempre ciò che stabilisce un vivente rapporto con le forze ed entità dei mondi superiori e con una solennità che per il momento appare agli uomini ancora così poco rilevante come la festa di Pentecoste.
Quando gli uomini conosceranno l’importanza che assumerà per essi in avvenire la Discesa dello Spirito Santo, la festa di Pentecoste ritornerà per essi vivente. Allora non sarà più semplice ricordo dell’evento accaduto in Gerusalemme, ma si verificherà quella solennità perenne, la festa di Pentecoste del comune anelito e sforzo delle anime umane. Il valore e l’azione propulsiva di tali ideali dipenderà per gli uomini da essi medesimi. Se tenderanno verso la saggezza in questo giusto modo, spiriti superiori scenderanno a collegarsi con essi.