Radici cristiane della vita sociale
Essenza della cultura
“Ogni essere umano è unico e irripetibile”
Questa frase si sente ripetere spesso, specialmente nei discorsi dei rappresentanti della Chiesa.
Sentiamo istintivamente che essa indica una verità, ma diventa una frase fatta quando non troviamo accesso ad una esperienza reale di tale verità. Infatti, riferendosi all’elemento individuale nell’uomo, il luogo comune ne dà quasi sempre una immagine negativa.
Sentiamo l’individualità come qualcosa da tenere a freno, perché non rechi danno al prossimo. Ciò appare chiaramente nella caratterizzazione comune del concetto di libertà: la libertà del singolo finisce dove inizia quella dell’altro.
Un tale pensiero nasce dall’ovvia constatazione che noi esseri umani, nell’esplicazione della nostra volontà, spesso rechiamo danno al prossimo.
Questa è però un’osservazione generale sugli esseri umani e non ci consente ancora di cogliere quella realtà unica e irripetibile.
Dovremmo piuttosto riconoscere che la possibilità di arrecare danno al prossimo è un limite della costituzione umana in generale e non abbiamo a tutta prima il diritto di imputarla all’elemento individuale.
Ci si potrebbe però chiedere a questo punto: esiste veramente un elemento individuale, diverso in ogni uomo e come trovare una via al suo riconoscimento?
Chiediamo aiuto nuovamente alla nostra pianta. La pianta non è individuo allo stesso modo dell’uomo; non è individuo ogni singola carota, ma la specie cui appartiene.
Mi sono sentito spesso dire da persone che per la prima volta assaggiano i prodotti della mia azienda agricola: “Si sente proprio che le fragole sanno di fragole, le mele di mele, ecc.”.
Queste parole esprimono in modo elementare l’esperienza dell’elemento individuale della specie, che nei prodotti convenzionali viene fortemente indebolito. Abbiamo visto dalle considerazioni precedenti che questo elemento individuale può esprimersi pienamente solo se la pianta cresce su un terreno che non impedisca la manifestazione delle sue caratteristiche specifiche.
Ogni specie esprime infatti il proprio essere vegetale in una maniera ben determinata, attraverso un processo, delle forme, l’elaborazione di sostanze particolari, che sono diverse dalle altre specie.
Ed è in particolare l’azione solare a favorire la manifestazione di ciò che è maggiormente specifico. Piante appartenenti a specie diverse, se coltivate in assenza di luce, sono filiformi e difficilmente distinguibili tra loro.
Solo in presenza della luce esse possono dispiegare tutta la loro varietà. Si può inoltre osservare come a certe latitudini più settentrionali, le piante mostrino forme meno differenziate, foglie con margini meno frastagliati rispetto a quelle che crescono più a sud, dove più intensa è la luce solare. Grazie alla luce viene ad espressione la forma.
Ma la pianta non si manifesta in verità in una determinata forma fissa. Essa muta la sua forma nel tempo. L’essere del frumento è il seme, lo stelo con le foglie o lo stelo con la spiga? Possiamo noi guardare una pianta in un certo stadio del suo sviluppo ed affermare: questo è frumento? Certo, lo possiamo, ma solo per il fatto che conosciamo già quella specie, abbiamo già osservato il suo sviluppo complessivo nel tempo e riconosciamo quella determinata fase di crescita come parte del suo sviluppo unitario.
Poniamo il caso di vedere per la prima volta una pianta di miglio. Non sapremo di che specie si tratti finché, giunta alla formazione dei semi, li riconosceremo per il fatto di averli acquistati per il nostro canarino. Potremmo poi provare a seminarli per osservarne lo sviluppo complessivo, il portamento della pianta, la forma e il colore delle foglie la formazione della spiga, e così via.
Quando avremo ben osservato tutto ciò, magari ripetutamente per più anni, potremo sviluppare la capacità di riprodurre sempre a nuovo nella nostra coscienza l’immagine vivente in continua metamorfosi di quell’essere che chiamiamo “miglio”.
E’ quel processo unitario a costituire l’essere di quella determinata specie ed esso è invisibile all’osservazione esteriore momentanea. Non possiamo nemmeno darne una definizione astratta; è una realtà vivente e può essere accolta nella nostra coscienza solo grazie ad una attività interiore compenetrata di vita, come è compenetrata di vita la pianta che facciamo oggetto del nostro puro interesse.
A questo si è dedicato Goethe nei suoi studi sulle piante. Con le seguenti parole egli ha caratterizzato il suo atteggiamento conoscitivo: “Appena l’uomo si accorge degli oggetti intorno a lui, li considera in relazione a se stesso; e con ragione poiché tutto il suo destino dipende dal fatto che essi gli piacciano o no, lo attirino o lo respingano, gli servano o lo danneggino.
Questo modo del tutto naturale di guardare le cose e di giudicarle sembra essere tanto facile quanto è necessario, eppure espone l’uomo a mille errori che spesso lo confondono e gli amareggiano la vita. Un lavoro quotidiano ben più difficile si assumono quelli il cui vivace impulso di conoscenza tende ad osservare gli oggetti della natura in sé e nei loro reciproci rapporti; essi infatti sentono ben presto la mancanza della norma che vien loro in aiuto quando, come uomini, considerano le cose in relazione a se stessi.
Manca loro la norma del piacere e del dispiacere, dell’attrazione e della repulsione, del vantaggio e del danno. A questo devono rinunciare del tutto; devono, quali esseri indifferenti e per così dire divini, cercare ed esaminare quello che è, e non quello che piace. Così, né la bellezza né l’utilità delle piante devono toccare il vero botanico; egli ha da esaminare la loro formazione, il loro rapporto col restante regno vegetale; e come esse vengono attratte e illuminate dal sole, così egli deve guardarle e abbracciarle tutte con uno sguardo imparziale e tranquillo e ricavare la norma di questa conoscenza, i dati del giudizio non da se stesso, ma dalla cerchia delle cose che egli osserva”.
E’ notevole osservare come Goethe, per descrivere la qualità del suo sguardo sulle piante, lo paragoni all’azione solare. Egli ci indica chiaramente che nell’interiorità umana esiste una qualità solare, indipendente dal proprio essere particolare, da piacere e dispiacere, vantaggio e danno, attrazione e repulsione. Tale qualità è universalmente umana, eppure pienamente individuale.
Essa però non è data all’uomo come lo sono il suo essere corporeo o i suoi sentimenti, ma è in lui come germe e può svilupparsi solo grazie alla volontà individuale libera e disinteressata.
Così come il sole riversando luce, calore e vita fa scaturire tutta la ricca varietà delle piante dal grembo della terra, portando a manifestazione le individualità di specie, così l’elemento solare dell’anima, riversandosi sugli esseri cui dedica il proprio interesse, li fa vivere nel proprio grembo conoscendoli per come essi realmente si manifestano, nel loro essere individuale.
Ora, se questa attività conoscitiva appare più semplice nei confronti della pietra, in sé priva di vita, quando si dedica alla pianta deve assumere una qualità vivente. Rivolgendosi poi all’animale e all’uomo deve sviluppare nuovi sensi in grado di cogliere elementi più complessi. Ma la qualità solare dell’atteggiamento conoscitivo non cambia per il fatto di dedicarsi ad esseri diversi, così come il sole non cambia per il fatto di illuminare e riscaldare ogni diversa creatura.
Quando noi giudichiamo secondo simpatia e antipatia, opinioni personali, pregiudizi, ci precludiamo la via alla conoscenza dei diversi esseri. Questa può muovere solo da una attività compenetrata d’amore.
Con le seguenti parole il Cristo esorta ad un tale atteggiamento, sviluppato al massimo grado: “Avete inteso che fu detto: amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. Io invece vi dico. Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché diveniate figli del Padre vostro che è nei cieli, che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e gli ingiusti”. (Mt. 5, 43-45)
Solo sviluppando un tale amore, un tale sole interiore, possiamo trovare una via alla individualità celata in ogni essere umano.
Stefano Freddo