di Piero Cammerinesi
Abbiamo tutti una curiosità che sovente sconfina nel patologico per le anticipazioni del futuro, per le profezie.
Siamo avidi di conoscere ciò che deve avvenire, altrimenti non ci sarebbero tanti astrologi e cartomanti ad approfittarsi di gonzi e di sempliciotti che, invece di affrontare il destino a partire – in primo luogo – dalle conseguenze delle proprie azioni lo vogliono conoscere dalle carte o dai santoni di turno.
Destino un tanto al chilo.
Rivelazioni che poi, se non aggradano, non vengono accolte, con conseguente maledizione dell’aruspice che le ha lumeggiate.
Tale è – per dirla con Leopardi – la vita mortale.
Eppure di profeti di possibili futuri – ce ne sono stati a iosa nella storia.
Sottolineo possibili, in quanto nessun futuro, nessun divenire può essere fisso, pena l’inesistenza della umana libertà.
Se tutto fosse già scritto il nostro ruolo nel teatro della vita sarebbe di semplici spettatori, non certo di attori.
Se vi sta bene così accomodatevi pure, ma non parlate di responsabilità o di moralità, perché senza libertà questi sarebbero termini privi di significato.
Chi invece sa di essere un attore – anche se solo una semplice comparsa – è consapevole di essere un co-autore della sceneggiatura di questa pièce teatrale che è la vita e quindi di essere corresponsabile di quanto accade a sé ed all’umanità nel suo insieme.
Certamente esseri dotati di veggenza sono in grado di intuire – leggendo i fatti e le prospettive del presente – quali possano essere le possibili direzioni che le nostre vite e le vite dei popoli si apprestano ad imboccare.
Uno di questi esseri è stato Massimo Scaligero, la cui avventura terrestre si è conclusa 43 anni fa, nella notte tra il 25 ed il 26 Gennaio del 1980.
Di anticipazioni o, se vogliamo, di vere e proprie profezie, Massimo non è stato avaro, sopratutto perché sentiva come suo compito quello di aiutare gli esseri umani a schivare sconfitte e sofferenze inutili.
Ma parliamo sempre di possibili futuri, ché quelli certi non sono neppure nella disponibilità degli dei, da quando l’uomo ha addentato la famigerata mela, aggiudicandosi la libertà.
Una delle profezie che, nel corso dei nostri incontri settimanali negli anni ’70 del secolo scorso, ricordo con particolare vivacità era relativa a quello che lui prevedeva essere il male del secolo a venire, dunque l’attuale: la follia.
Devo dire che per decenni non avevo mai colto il senso di questa rivelazione.
Cosa voleva dire? Come poteva diventare pandemica la follia?
Non riuscivo proprio a capire anche perché mi rappresentavo i folli come una massa di sedicenti Napoleone o Cleopatra, di schizofrenici vaganti per le strade in cerca di qualcuno con cui intavolare discussioni demenziali.
Solo da tre anni ho iniziato a capire.
Solo quando ho visto i segni di una rinuncia generale – e questa sì, pandemica – alla ragione, alla semplice capacità di dubitare di messaggi esterni e di mettere al vaglio della logica le contraddizioni e le incoerenze della narrazione degli avvenimenti esteriori.
Non credo di dover entrare nello specifico, vero?
Ecco cosa intendeva.
Rivelazioni che riguardano l’avvenire non sono mai di facile lettura perché tendiamo a raffigurarci il futuro sulla base delle esperienze che abbiamo avuto fino a quel momento. Ci è estremamente difficile, in altri termini, cogliere nella descrizione di quanto deve avvenire delle modalità del tutto diverse da quelle che conosciamo.
Un po’ come descrivere ad un antico romano i viaggi aerei o un semplice smartphone.
La follia in arrivo era questa, dunque, il sonno della ragione globalizzato.
Ed era stata lungamente preparata nei decenni precedenti. Era, insomma, una diretta conseguenza della cecità e dell’ottundimento generale che già allora – dalla metà del secolo scorso – stavano prendendo piede tra gli uomini.
Poteva essere evitata, certamente, se solo un numero sufficiente di persone ne avessero colto i segnali inequivocabili. Ed avessero reagito consapevolmente.
Anche Nietzsche, poco più di cent’anni fa, aveva messo in guardia l’umanità da quella che sentiva presentarsi come l’era del nichilismo:
Ciò che io racconto è la storia dei prossimi due secoli. Descrivo ciò che verrà, ciò che non potrà più venire diversamente: l’avvento del nichilismo. (…) Tutta la nostra cultura europea si muove già da gran tempo con una tensione torturante che cresce di decennio in decennio, come se si avviasse verso una catastrofe: inquieta, violenta, precipitosa; come un fiume che vuole sfociare, che non si rammenta più, che ha paura di rammentare. (Nietzsche, frammenti postumi)
Ma torniamo a Massimo Scaligero.
Egli previde, idealmente proseguendo il discorso del male del secolo in arrivo, la follia, nel suo libro Iniziazione e Tradizione, quella che chiamò “la terza prova” – dunque dopo le due prove relative ai due conflitti mondiali – che si sarebbe manifestata “come segreta angoscia, come segreta paura, come senso d’inutilità e senso di impotenza”:
“Chi guardi con occhio rischiarato, riconosce nel mondo della necessità — fisica o psichica — nel passato e nella natura, ciò che rende inevitabili il male, la malattia, la morte.
E’ ciò che, venendo scambiato per vita, in quanto costituisce le basi della ordinaria esistenza, porta l’essenza della vita alla contraddizione radicale con l’essere, ormai passivamente accettata e persino organizzata scientificamente, ma ogni volta riemergente nella sua tragicità attraverso quella misura del reale che è il dolore e la morte.
Questa contraddizione giunta collettivamente al limite, ormai per la seconda volta, nell’attuale secolo, conoscerà la sua istanza risolutiva nei prossimi decenni quando si presenterà la terza prova: la quale è virtualmente cominciata e pesa ormai su ciascun essere umano, come segreta angoscia, come segreta paura, come senso d’inutilità e senso di impotenza.L’ora presente è grave: non è una espressione retorica, questa. Chi conosce come realmente stiano le cose, sa che quei pochi che hanno una qualunque responsabilità interiore, non dovrebbero ormai perdere più un minuto di tempo, non dovrebbero più rimandare di un attimo la loro decisione per quei superamenti che in segreto essi veramente conoscono di quale natura debbano essere.
Compiti del genere ormai non possono più essere rimandati.
Occorre nella calma decisione realizzare quella stessa forza che è stato possibile evocare in taluni momenti decisivi, quando, per lo schianto di ogni resistenza umana, sembrava che dovessero venir meno le basi della vita.
Si è alla vigilia di eventi che possono essere gravemente distruttivi per l’uomo o preludere a una rinascita nel segno dello Spirito”.
Fonte: Liberopensare